MEDICI AL LAVORO - QUALE FUTURO DOPO L'UNIVERSITÀ?

LO SCOGLIO DEI TEST
Nel panorama italiano, la professione del medico è sicuramente una tra le più eclettiche e variegate che si possano trovare.
Ne sono una prova le moltissime scuole di specializzazione per neolaureati, dove le nozioni e l’esperienza acquisita durante il periodo universitario vengono indirizzate verso un settore specifico.
Come riportato nell’articolo della scorsa settimana, l’accesso a queste scuole è a numero chiuso, e ogni anno sono migliaia i giovani medici che si cimentano nei test.
Ma cosa li spinge a spendere tempo ed energie in un percorso di studi così lungo e difficile?
Dai dati Almalaurea risulta che i laureati in Medicina (o più in generale nei settori medico-sanitari) sono quelli che hanno maggiore probabilità di inserirsi facilmente nel mondo del lavoro.
L’Italia in particolare è tra le nazioni europee con le più alte percentuali di medici in rapporto agli abitanti, e la recente pandemia ha fornito un ulteriore incentivo per le nuove generazioni.
Per coloro che riescono a superare le selezioni – normalmente tramite concorso pubblico – le prospettive appaiono soddisfacenti, non solo da un punto di vista occupazionale ma anche remunerativo. La retribuzione degli specializzandi aumenta infatti con l'esperienza e gli anni di studio.
Si tratta ovviamente di stime, basate su una media nazionale che tiene conto di un ampio ventaglio di specializzazioni e professioni, anche molto diverse l’una dall’altra.
3 STRADE PER I NEOABILITATI
Una volta terminato il percorso in Medicina e Chirurgia, la scuola di specializzazione rappresenta di certo il passaggio più ovvio, ma non l’unico. Dal 2020 è stato abolito l’esame di stato, e sono sempre di più gli studenti che interrompono gli studi, o che scelgono uno dei tanti corsi di formazione previsti per i neolaureati.
Tra quelli che vogliono mettersi subito in gioco dopo il diploma di laurea, le opzioni sono tante: ci si può infatti inserire in studi medici di medicina generale, si può sostituire medici di base e pediatri, o lavorare come guardia medica in servizio di continuità assistenziale, presso le carceri o aree turistiche. Si può inoltre lavorare al pronto soccorso, per eventi sportivi o manifestazioni, diventare medici militari, dell’INPS o dell’INAIL, o medici per l’assistenza presso aziende private.
In quest’ultimo caso, sarà necessario aprire una partita IVA, guadagnando l’accesso a diverse attività senza il bisogno di una specializzazione.
Tra gli sbocchi lavorativi più interessanti per i medici appena iscritti all’Albo, vi è senza dubbio quello del medico di famiglia.
Si tratta di una figura di rilievo, sicuramente tra le più conosciute in quanto è il primo punto di riferimento per singoli e famiglie, al quale ci si rivolge in caso di dubbi o problemi immediati. Il medico di base è in grado di fornire una valutazione preliminare, prescrivere le prime cure, emettere certificati medici ed indirizzare il paziente verso lo specialista più adeguato.
L’accesso alla professione è già possibile con la laurea magistrale, ma solo per sostituzioni temporanee; l’abilitazione avviene dopo un ulteriore corso di formazione triennale in Medicina Generale (MMG), al quale si accede tramite concorso pubblico.
Al termine del percorso, si potrà fare richiesta di iscrizione alla graduatoria regionale, che sulla base dell’esperienza maturata concederà l’abilitazione.
L’ultima strada, e forse quella più frequentata, porta naturalmente ai corsi di specializzazione.
In Italia esistono circa 60 scuole di questo tipo, con programmi di studi che vanno dai due ai sei anni.
Tra le più richieste ci sono sicuramente pediatria, medicina interna, medicina dello sport e chirurgia generale, capaci di formare medici specialisti altamente qualificati, in grado di ottenere da subito un ottimo livello salariale.
UN PO DI DATI
Nel 2018, quindi prima del periodo Covid, Almalaurea si è fatta portavoce del Rapporto sul Profilo dei laureati, ponendo una particolare attenzione sugli iscritti al percorso a ciclo unico in Medicina e Chirurgia.
Dall’analisi condotta, risulta come le nuove matricole provengano in larga parte dal liceo scientifico (59%) o classico (32%), e che gli anni necessari ad ottenere il titolo siano in media 7,3, con un voto di laurea pari a 110.
Alla prova del lavoro, l’88% dei medici nel periodo immediatamente post-laurea è impegnato in un’attività di formazione, come tirocinio, scuola di specializzazione o collaborazione; a dodici mesi dalla laurea, il tasso di occupazione è ottimo, pari al 64%, con un livello di retribuzione medio di 1530 euro netti mensili.
A cinque anni dal titolo, la situazione migliora ancora, con un tasso di occupazione del 95% e un salario medio di 1810 euro netti mensili.
TIRIAMO LE SOMME
Da questi dati emerge chiaramente come, a dispetto dei tagli al sistema sanitario e della crisi, il fascino del camice bianco è rimasto negli anni invariato, attirando anzi sempre più ragazzi verso una professione che promette alti livelli economici e di occupazione.
Laurearsi in medicina significa entrare a far parte di un mondo in continua evoluzione, che richiede capacità tecniche e umane elevate.
Non basterà fermarsi alle nozioni acquisite sui manuali, o durante le numerose attività in laboratorio: la vera differenza sarà la capacità di imparare sul campo, ascoltando attivamente i pazienti, ponendo le giuste domande e prendendo decisioni sulla base delle proprie conoscenze e della propria sensibilità.
Il mondo del lavoro è vasto, e le opportunità di crescita sono pressoché infinite. Negli ultimi tempi sempre più giovani scelgono di arricchire il proprio curriculum con un’esperienza internazionale, utilizzando la propria laurea in Medicina e Chirurgia in uno dei tanti paesi dell’UE. Si tratta di ampliare le proprie vedute, imparare nuove metodologie, nell’ottica di perseguire, sempre e comunque, il bene delle persone.
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