Dall’ammissione in Medicina alla laurea: la vita accademica raccontata da Stefania, oggi dottoressa

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In questa quindicesima puntata abbiamo intervistato Stefania Morgante, ex allieva Cordua che si è da poco laureata in Medicina e Chirurgia con 110 e Lode all’Università Magna Graecia di Catanzaro.

Con lei scopriremo com’è la vita universitaria a Catanzaro, tra lezioni e tirocini, e cosa significa vivere un’esperienza Erasmus di sei mesi ad Atene

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Cosa si prova ad essere dottoressa?

Provare questa emozione è veramente indescrivibile. Si desidera a lungo questo traguardo. Sembra di essere arrivati all’apice, ma in realtà si scopre che è solo l’inizio di un percorso ancora più lungo. È una sensazione bellissima, per la quale non ci sono parole. Sono molto felice di avercela fatta e sono veramente emozionata per il percorso di specializzazione che sto per iniziare, ossia Otorinolaringoiatria.

Ci racconti la tua esperienza all’Università Magna Graecia di Catanzaro?

Riguardo al mio percorso all’Università di Catanzaro, mi sono trovata molto bene. È un’ottima università, devo dire che non ha nulla di meno rispetto a tante altre magari più in voga. Sia a livello di professori, ma soprattutto di colleghi, ho trovato persone fantastiche e l’ambiente universitario crea una complicità fondamentale.

Medicina è una facoltà dura e competitiva, ma se si trovano i giusti “complici” in questo percorso, tutto sembra più semplice. Risulta fondamentale circondarsi di persone che sostengono e che ti vogliono aiutare a vicenda.

Ci sono tanti momenti in cui si pensa di mollare, specialmente quando si affronta l’esame più difficile. Lì è importante farsi forza e ricordarsi perché si è scelta questa strada, evitando di buttare via tutti i sacrifici fatti. I primi due anni vedono esami strettamente teorici (Biologia, Fisica, Microbiologia, materie più ostiche). Dal terzo anno, invece, si entra nel vivo della Medicina. Quando si indossa quel camice bianco e si va in reparto, ci si ricorda perché si è fatta questa scelta. Questo dà uno sprint in più e motiva a studiare con maggiore intensità.

Ci sono stati momenti di difficoltà o di particolare soddisfazione durante il tuo percorso accademico?

I momenti bassi li ho affrontati mentre preparavo alcune materie particolari, come Anatomia Patologica o Neurologia, che si sono rivelate tasti dolenti. I bassi includono anche le bocciature, che risultano inevitabili. A volte si sente di non farcela, o il voto non gratifica. Questi momenti spingono a pensare di cambiare, ma non è quello il momento di mollare, anzi, è il momento di concentrarsi ancora di più.

I momenti di soddisfazione, invece, sono sicuramente il tirocinio e l’ingresso in reparto. Dal terzo anno si comincia a capire cosa significa ascoltare e visitare un paziente. Piano piano, si inizia a prendere forma come medico, e questo è un momento di estrema gratificazione personale.

Un altro momento bellissimo del mio percorso è stato l’Erasmus: ho fatto sei mesi ad Atene, in Grecia. È stato forse il momento più bello degli anni di Medicina. Mi ha fornito un bagaglio personale e professionale altissimo, perché in Grecia si fa tantissima pratica sul paziente. Sono stata in ospedale ogni giorno per sei mesi, a volte anche sabato e domenica.

Quali sono le differenze maggiori che hai notato tra l’Italia e la Grecia?

La struttura era completamente diversa. In Italia facevo 6 o 8 ore di lezione al giorno, poi tornavo a casa a studiare, con periodi di tirocinio molto limitati. Ad Atene, invece, la mattina alle 7:00 dovevi essere in reparto tutti i giorni. A seconda della materia seguita, cambiavi reparto; io ho seguito Chirurgia Generale. Dalle 11:00 alle 13:00 avevamo lezione tenuta nello stesso reparto. Alle 13:00, quando finivamo lezione, eravamo liberi di rimanere in reparto o di tornare a casa a studiare.

Mi sentivo immersa. Stare letteralmente 24 ore su 24 con i pazienti è impagabile. Ti fa capire a cosa si va incontro e definisce il tipo di medico che vuoi essere. Ho scoperto che mi piace tantissimo stare in pronto soccorso, cosa che non avevo mai sperimentato prima. Ti mette davanti allo stile di vita del medico d’urgenza. Mettendoti in reparto per ogni singola materia, capisci realmente cosa vuoi fare. Spesso in Italia si arriva al sesto anno che non si sa ancora cosa si vuole fare, perché non si è tastato il campo in modo efficace. Se non avessi fatto, ad esempio, il tirocinio di Otorino, non l’avrei mai scelto. Non avevo neanche preso in considerazione questa possibilità.

Ti ricordi le tue emozioni legate alla prima volta in reparto?

Ero terrorizzata, tremavo dalla paura in Medicina Interna. Temevo che qualcuno mi chiedesse di fare un esame obiettivo o di ascoltare un paziente. Non mi sentivo affatto all’altezza della situazione. Le prime emozioni sono state panico e terrore.

I professori spiegano cosa puoi aspettarti in reparto o si impara facendo?

Purtroppo, questo dipende dal tipo di professore. Se si trovano professori che si siedono accanto e spiegano passo per passo cosa fare, come nel mio caso a Medicina Interna, la paura se ne va perché ti senti ben seguita. In altri casi, invece, mi è capitato di essere lasciata sola, rendendo più difficile prendere coraggio. Attenzione, si apprende anche solo guardando i medici o gli specializzandi che fanno il loro lavoro. Tuttavia, il metodo migliore è sicuramente avere un professore o uno specializzando che voglia insegnare e spiegare tutto passo dopo passo.

Vuoi condividere qualche consiglio per gli studenti che sognano di intraprendere questo percorso accademico?

Posso condividere quello che per me è stato il mio mantra, utilizzato sia con Cordua che durante tutto il periodo universitario: “Chi la dura la vince”. Venivo da un percorso diverso e l’ingresso in Medicina, e poi la laurea, sembravano traguardi irraggiungibili. Perciò, mi ripetevo sempre di essere determinata e di non mollare mai. Qualsiasi sia l’ostacolo che si ha davanti, dall’ingresso in Medicina all’esame difficile, bisogna essere determinati nel proprio percorso, perché l’impegno, a mio parere, viene sempre ripagato.

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